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Potage Parmentier (Minestra di Porro, o cipolla, e patate Julia Child Mastering the Art of French Cooking

Freddino?
O bora?
Neve? Nebbia autunale?
Insomma è tempo di consolarsi, tornando magari da Rialto,

Sansoviniana

portando a casa verdure per zuppe o minestre o poco peso, per questo bel potage (e variazioni a seguire, che pubblicherò via via)

E’ tratto daa questo bellissimo libro Julia Child Mastering the Art of French Cooking  (compratelo adesso, in promozione, vi addebiteranno questo ridicolo prezzo solo quando vi invieranno i due tomi. Non svalutate la più economica copertina flessibile: i miei due volumi , che qui non vedo illustrati ma che ho comprato su amazon) sono ben rilegati, pur non avendo copertine rigide.

Da 6 a 8 persone

g 453 (insomma non è che occorra il bilancino di precisione, :)) comunque per i puristi si tratta di 1 libbra di patate pelate, affettate o tagliate a dadini
lo stesso quantitativo di porro affettato sottilmente, compreso il verde tenero, oppure di cipolle dorate.
l. 1,419 3 (sono 3 US pint) di acqua
1 cucchiaio da tavola (tbsp) di sale

Sobbollire, se l’avete in una bella cocotte di ghisa smaltata,  come questa, per dire (cliccate sulla foto per vedere prezzi, colori, formati)

le verdure, l’acqua e il sale insieme, coprendo parzialmente per 40 o 50 minuti fino a quando le verdure siano tenere.

Si potrebbe un poco velocizzare partendo con la pentola a pressione e cuocendo per 5 minuti a 1 atmosfera (15psi) . E’ questa la pressione delle normali pentole a pressione da fornello, se usate una instant pot o una pentola a pressione elettrica, che raggiungono solo un po’ più di 11 psi,  allungate del 25% questo tempo.
Terminata questa fase in pentola a pressione procedete sobbollendo per una quindicina di minuti, a pentola scoperta. Julia Child non era contraria alla pentola a pressione ma trovava indispensabile che il suo apporto si limitasse solo una iniziale fase di cottura, da proseguirsi, poi, in modo tradizionale

Schiacciare le verdure nella zuppa con una forchetta (consigliato da Julia Child, che preferisce una texture più grossolana) , o passare la zuppa attraverso il mouline legumes (sconsiglia altri modi). Aggiustare il condimento. Mettere da parte, scoperto, fino a poco prima di servire, quindi riscaldare al punto di ebollizione.

Prima di servire vi occorreranno:

4-6 cucchiai da tavola di panna  o circa 30-40 g (1-1 ½ oz.) di burro ammorbidito
2-3 cucchiaini di prezzemolo o erba cipollina

Lontano dal fuoco, e poco prima di servire, aggiungete a cucchiaiate la panna o il burro e mescolate . Versate in una zuppiera o in tazze singole da brodo e decorate con le erbe.

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Galette Dough, ottima base per veloci snack dolci o salati (Flo Braker e Julia Child)

Galette Tomato Baking with Julia

Da Baking with Julia, in origine una trasmissione TV molto piacevole  di cui si possono ancora seguire i video sul sito dell’emittente, e da cui fu tratto un ottimo libro, comprato tanti anni fa su suggerimento dell’ottimo Stefano Arturi:   Baking With Julia: Based on the Pbs Series Hosted by Julia Child
E Stefano, a questo proposito, mi ha pure invitato a considerare un link prezioso, che non ho ancora avuto il tempo di visitare come si deve, e che appena avrò un po’ di tempo metterò qui in condivisione.

Flo Braker è questa signora qui, e in questa trasmissione, anche in altri episodi, la si vedeva con Julia Child, tra impasti e forni e fornelli.

Quando rifarò la ricetta, presto, annoterò i pesi per bene, per chi passi di qui e per me stessa, ma senza certezza alcuna.
Ho utilizzato, come unità di misura di capacità, le metric cup (e loro sottomultipli) perché quei misurini avevo, ma il problema di queste misure, oltre alla scomodità dell’essere misure di capacità destinate a misurare elementi solidi, è quello di non essere precisamente determinate.

Nel suo libro mai Julia Child accenna a quale tipo di cup si richiami nelle ricette. E non è detto che siamo quelle metriche, nel cui caso varrebbe l’equivalenza 1 metric cup = 250 ml. Nel caso fossero state utilizzate le US cup l’equivalenza sarebbe stata 1 US cup =  236.59 ml.
(e sottomultipli, di riflesso), e ci sono le legal cup, sempre USA. ancora di capacità diversa.

Io mi chiedo: MA… LE BILANCE MAI MAI MAI? In questo bellissimo libro ci sono fior di ricette anche di pasticceria raffinata, in cui i pesi contano non poco, e ciò lo rende meno immediatamente utile di quanto sarebbe altrimenti.

1) Ecco la versione alla frutta, dolce

Per 4-6 porzioni

½ dose di impasto (vedi sotto), refrigerato
1 ½ cup mix di frutti di bosco freschi (o altra frutta, sbucciata a tocchetti, con l’avvertenza di non usare frutta troppo succosa/surgelata (che cederebbe troppo succo all’impasto)
1 tbsp + 1 tsp di zucchero
1 tbs di miele (facoltativo)
1 tbsp di burro freddo

Posizionare una griglia nel terzo ripiano inferiore del forno e preriscaldarlo a 200* C. Foderare una teglia con carta da forno.

Mettere l’impasto sulla spianatoia leggermente infarinata e stenderlo in un cerchio di 28 cm,, dello spessore di 2,5 cm. L’impasto è morbido ed è necessario sollevarlo ogni tanto e infarinare il piano.
Arrotolare la pasta intorno al mattarello e trasferirlo teglia preparata.

Stendere la frutta sopra la pasta, lasciando libero un bordo di 5-8 cm tutto intorno  Cospargere con il tbsp di  zucchero la frutta e aggiungere il  miele, se lo si usa. Tagliare il burro a fiocchi e cospargere la frutta. Piegare il bordo scoperto di pasta sul ripieno, lasciando che si formino le pieghe Immergere un pennello da cucina in acqua, e inumidire leggermente il il bordo appena ripiegato e poi cospargerlo con restante tsp di zucchero.

Cuocere la galette da 35 a 40 minuti, o fino a quando la pasta sia dorata e croccante. Trasferire la teglia su una griglia e lasciare la galette ancora sul foglio per 10 minuti. Infilare una larga spatola o una piccola teglia sotto la galette e trasferirla sulla griglia. Servire caldo (a me non entusiasma) o a temperatura ambiente (meglio!),  Tagliare con la rotella per la pizza.
La galette è migliore se mangiata il giorno stesso.

2) E qui la versione salata (una delle possibili, tantissime versioni). I pomodori e il basilico, soprattutto quando le foglie del basilico siano rimboccate nei risvolti del bordo, hanno un profumo strepitoso.

60 gr. di Monterey Cheese (io ho usato liberamente quel che avevo in casa, dalla scamorza a formaggi latteria, pure gorgonzola), affettato

60 gr.  mozzarella (a pezzotti)

1/4 cup di foglie di basilico fresco, come si vuole tagliate à chiffonade, lacerate o intere)

2-3 pomodori san marzano, o un numero maggiore di pomodoretti o semplici fette di pomodori maturi e sodi)

(vedere per l’impasto la ricetta sottostante e procedere come per il dolce alla frutta, che riprendo per comodità qui di seguito)

Posizionare una griglia nel terzo ripiano inferiore del forno e preriscaldarlo a 200* C. Foderare una teglia con carta da forno.

Mettere l’impasto sulla spianatoia leggermente infarinata e stenderlo in un cerchio di 28 cm, dello spessore di 2,5 cm. L’impasto è morbido ed è necessario sollevarlo ogni tanto e infarinare il piano.
Arrotolare la pasta intorno al mattarello e trasferirlo teglia preparata.

Riunire i formaggi e il basilico in una piccola terrina, perché si insaporiscano e disporli sull’impasto, lasciando libero il bordo come nella versione alla frutta.

Aggiungere in modo armonico i pezzetti di pomodoro (a cornice, con qualche sovrapposizione, se piace), piegare il bordo e proseguire come nel caso della versione alla frutta, omettendo naturalmente gli apporti di zucchero, miele e burro.

Galette Tomato Baking with Julia Oven

Devo dire che in certi casi (magari se si utilizzano anche delle melanzane saltate e del parmigiano) il burro ci sta bene.

Galette Dough (per due galette da 8 pollici di diam.)

3 tbsp di panna acida (o yogurt o latticello)
1/3  cup (circa) di acqua ghiacciata
1 cup di farina (per tutti gli usi)
¼ cup di farina di mais
1 tsp di zucchero
½ tsp di sale
7 tbsp di burro freddo, tagliato in 6-8 pezzi

Comodissimo da fare in un food processor (consiglio!) purché lavorando ad impulsi e non in modo continuo.
Sciogliere la panna acida nell’acqua in una piccola ciotola e riservare a parte.
Riunire la farina di frumento, quella di mais,  lo zucchero e il sale nella ciotola da lavoro di un food processor a lame. Miscelate a impulso, brevemente. Aggiungete il burro a pezzi nella ciotola e procedete a impulsi da 8 a 10 volte,fino ad ottenere una miscela a briciole irregolari (si presenta come un insieme di briciole delle dimensioni variabili da quelle di briciole di pane fino alla grandezza massima di un pisello).  Con la macchina in funzione, aggiungere la miscela di panna acida e acqua e lavorare fino ad ottenere un insieme di briciole irregolari, inumidite, non procedendo oltre.
Togliere l’impasto dal food processor, dividerlo in due parti e formare, comprimendola, da ogni metà un disco. Avvolgere in plastica e refrigerare in frigo per almeno 2 ore.

Molto comodo farne (di dischi di questo impasto) una certa provvista (in frigo per un giorno o  due si conservano) o surgelarli, divisi da fogli di carta forno). Basta tenerli, in quest’ultimo caso, una ventina di minuti a temperatura ambiente e procedere.

Piccoli accorgimenti circa il lievito madre 1 temperature minime per i lieviti selvaggi

Il mio ultimo generato :-), la cui ricetta trovate qui, è nato come lievito liquido, con idratazione al 100%, idratazione mantenuta sempre in quella misura pesando farina e liquido in ogni rinfresco, salvo eccezioni volute.
L’ho fatto seguendo la ricetta di Eric Kayser, dal suo libro 100% Pain : La saga du pain enveloppée de 60 recettes croustillantes,  che ho poi integrata, nel successivo mantenimento, con qualche suggerimento ripreso dall’ottimo (mai abbastanza consigliato) libro di Peter Reinhart, Artisan Breads Every Day, e tenendo in mente le preziose considerazioni di tutta una serie di autori di monumentali libri cult sul pane circa le variazioni di sapore percorribili, circa il lievito madre, con accorgimenti di temperatura e idratazione dello stesso. E non solo questo, ma anche indicazioni di conservazione, tra cui quella attinente alla temperatura per mantenere in vita, e propagare quindi nella sua interezza, l’insieme dei microorganismi così pazientemente coltivati nella generazione del primo lievito naturale.
In realtà ho poi utilizzato questo lievito per diverse ricette, in primis per testarlo sulle ricette di un altro libro dello stesso autore, Le Larousse du pain, che vi raccomando, e nel quale la ricetta per preparare il lievito madre  è lievemente diversa, e, in secundis, l’ho trasformato in un lievito più sostenuto, al 50% di idratazione, per utilizzarlo nelle ricette del citato Reinhart, come questa, che ho realizzato felicemente nella versione purista :-), solo con lievito naturale, e con aggiunta di lievito di birra, in modesta quantità (la mia preferita).

Nella mia piccola, ma di giganti, bibliografia, a proposito di temperature minime di sopravvivenza di quella parte di microorganismi che entrano in gioco nella complessa lievitazione  (i lieviti selvaggi, wild yeast nella letteratura anglosassone) si indica una gamma di  8°- 10* C per la loro sopravvivenza,  studi dimostrano che quelle popolazioni muoiono se conservate al di sotto di quelle temperature (anche se tenuti in frigo per oltre 48 ore). Ho spesso avvisato – invano – di non surgelare i propri lieviti naturali e di misurare la temperatura dei vari ripiani dei frigoriferi (le temperature dei ripiani più alti sono meno basse di quelli inferiori) per evitare la perdita di questi lieviti.
Con scarso successo, devo dire, perché a temperature basse sopravvivono altri organismi, i batteri, anche aggiunti con yogurt e prodotti fermentati, come il cultured buttermilk, che fanno gonfiare comunque il lievito, nei rinfreschi, e il pane, ma senza l’apporto dei defunti, appunto, lieviti. Il che conferisce un gusto diverso e meno ricco alle preparazioni, ché non solo di bollicione si fanno lieviti e pane.

Eppure ci vuol poco, almeno, a misurare le temperature dei vari ripiani del frigo, e regolarsi di conseguenza.  Più duro rinunciare al freezer, certo, ne sono consapevole, se si vuole conservare tutto il prezioso patrimonio di piccoli organismi, che dovrebbe essere lo scopo di chi vuole utilizzare fruttuosamente il lievito madre.

Bibliografia:
LE GOUT DU PAIN. Comment le préserver, comment le retrouver

(io l’ho comprato in edizione digitale, visti i prezzi micidiali dell’edizione cartacea, e nell’edizione americana The Taste of Bread(vedere le note del traduttore perché le formule sono state modificate per via dell’idratazione maggiore, necessaria per le farine americane)

questo libro è citato da una pletora dei maggiori autori sull’argomento, per esempio da:

Julia Child, nel suo Mastering the Art of French Cooking Volumes 1 and 2 

dall’ottimo Hamelman, in Bread: A Baker’s Book of Techniques and Recipes, che cita anche altre studi convalidanti la questione temperature minime. E che istruisce i panettieri professionisti circa il modo di manipolare il gusto del lievito madre agendo su due fattori, che portano a sviluppare gusti diversi. Come indico qui.

da Peter Reinhart in molti (tutti?) i suoi testi

 

Piccoli accorgimenti circa il lievito madre 2 modificare il sapore del lievito madre

Lievito Liquido Kayser in giardino

Dal libro di Hamelman Bread: A Baker’s Book of Techniques and Recipes, certosinamente studiato in questa parte, condivido con piacere qualche considerazione che lui fa circa le possibilità di mirare a un gusto preciso per i propri lieviti madri, e quindi rispetto ai relativi pani.

Dopo aver dato una minuziosa descrizione di tutti gli organismi che cooperano (e non) alla riuscita dei lieviti naturali, tra cui anche le avvertenze circa le temperature minime di conservazione,  alla luce di verifiche di laboratorio biologico, scrive anche una cosa secondo me interessante, a vantaggio dei panettieri.

In breve si tratta di questo:

1) amate il gusto più aspro e acidetto dei pani? Sappiate che le popolazioni artefici di questo sapore campano meglio in ambiente meno idratato (quindi in genere al 50% di acqua sul peso della farina) e più al fresco (occhio a non scendere sotto il livello di temperatura che farebbe morire i lieviti selvaggi, se ci tenete).

2) preferite il gusto più delicato e dolce dei lactobacilli? Ricordatevi di come fate lo yogurt: proliferano a festa in ambienti più caldi (occhio, eh, anche qui, a non superare i massimi) e in contesti relativamente più sciolti (tipo idratazione al 100%).

Sapendo queste piccole cose potreste agire come vi pare sui vostri pargoli lieviti. Mantenendo sempre una base fissa (io tengo la scorta al 100% di idratazione).

Bibliografia:

LE GOUT DU PAIN. Comment le préserver, comment le retrouver

(io l’ho comprato in edizione digitale, visti i prezzi micidiali dell’edizione cartacea, e nell’edizione americana The Taste of Bread(vedere le note del traduttore perché le formule sono state modificate per via dell’idratazione maggiore, necessaria per le farine americane)

questo libro è citato da una pletora dei maggiori autori sull’argomento, per esempio da:

Julia Child, nel suo Mastering the Art of French Cooking Volumes 1 and 2 

dall’ottimo Hamelman, in Bread: A Baker’s Book of Techniques and Recipes, che cita anche altre studi convalidanti la questione temperature minime.

dall’ottimo e più pratico Peter Reinhart in molti (tutti?) i suoi testi