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Pain au levain (Sourdough Bread) Hamelman

Pain au Levain Hamelman

Questo pane, tratto dal bellissimo, e inesauribile, libro di Jeffrey Hamelman, Bread: A Bakers’ book of Tecniques and Recipes,  lievita a partire da un lievito madre idratato al 50%, una coltura solida insomma, ed è interessante notare che, cotto nello stesso giorno in cui viene impastato, ha un sapore delicato, una struttura alveolare aperta e una bella crosta ramata. La lievitazione ritardata (quella così frequente, la notte, in frigo)  è in questo caso sconsigliata proprio perché molte delle caratteristiche più aggraziate e delicate del pane andrebbero perse durante il lungo soggiorno, al freddo, in frigorifero.

Ingredienti:
farina di frumento  g. 800
farina segale g. 40
acqua g. 550
sale g. 18
lievito idratazione 50% g. 248

Procedimento:
ricordate che il lievito solido dovrà essere rinfrescato circa 12 ore prima dell’impasto finale e lasciato in un contenitore coperto a circa 20 gradi C.
Autolisi: unire le farine, setacciate, all’acqua e mescolate nella ciotola fino a intridere per bene la farina e lasciate riposare l’impasto, coprendo la ciotola, da 20 minuti a un’ora. 
Alla fine dell’autolisi, aggiungere il sale (io lo incorporo, Hamelman dà istruzioni su come procedere a macchina), aggiungere il lievito naturale e impastare fino a raggiungere una media consistenza e una buona elasticità. 
Se lavorate a macchina la temperatura desiderata dovrebbe essere intorno ai 24-25 °C.
Fermentazione principale: 2½ ore.
Piegatura: trascorsi 50 minuti impartite una prima piegatura, lasciate riposare altri 50 minuti, impartite una seconda piegatura e lasciate riposare altri 50 minuti. Il tutto sempre coprendo la ciotola, di modo che non si formi alcuna crostina secca.
(Ricapitolando: 50 minuti + piega 1 + 50 minuti + piega 2 + 50 minuti = 150 minuti, ovvero 2 ore e ½ in tutto)
Dividere l’impasto come preferite (io in 4 parti), dapprima conferendo una forma a boule, poi a bâtard, o a vostro gusto.
Fermentazione finale in forma: circa 2 a 2½ ore a
24-25 °C.
Prima di infornare procedete ai tagli: impartire i tagli tipici (io quelli delle baguette)
Cottura: 230° C per il tempo necessario (dipende dalla forma).

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Pane morbido semidolce a cassetta (o anche panini)

Pane a cassetta semidolce (impasto anche foggiabile in panini), si fa e lievita abbastanza velocemente.

Un altro pane morbido e leggermente dolce, arricchito da latte, un po’ di burro e un uovo.  Quello di Reinhart lo trovate qui ed è un impasto a lievitazione ritardata in frigo, e può essere utilizzato fino a quattro giorni dalla preparazione .
Ottimo per colazione, tostato è strepitoso, come potete immaginare.
Dal bellissimo e consigliatissimo libro Bread: A Baker’s Book of Techniques and Recipes

Pane semidolce non stucchevole.  Adatto anche per panini  con farcitura salata. Affettato e  tostato è, come si può immaginare, buonissimo.

Ingredienti:

farina x pane 500 g (io Rieper gialla)

acqua  230 ml *

uova  50 g (1 uovo medio)

burro ammorbidito  40 g + altro per pennellare

zucchero 30 g

latte in polvere 25 g *

sale 10 g

lievito di birra 25 g fresco (se si usa questo lievito farlo rinvigorire sciogliendolo nel latte a temperatura ambiente e attendere un poco per la riattivazione)

o 1 bustina mastro fornaio (le bustine sono di 7 g, un po’ di meno del lievito secco della ricetta ma va bene così)

* se non si ha il latte in polvere usate 230 ml latte al posto dell’acqua e viene ottimo

Diversamente dal procedimento di  Hamelman, che riunisce tutti gli ingredienti nella ciotola della planetaria, io introduco prima tutti i solidi e, dopo una breve mescola con l’accessorio a foglia (il K nel regno Kenwood), aggiungo i liquidi e, dopo un poco, monto il gancio per impastare, comunque ecco le sue istruzioni:

in una planetaria mescolare il tutto alla prima velocità fino a quando gli ingredienti siano ben miscelati, per circa 3 minuti. L’impasto dovrebbe essere di consistenza media.
Procedere  alla seconda velocità per altri 5 minuti, fino alla formazione, moderata, del glutine.
Io lavoro un pochetto a mano, dopo questo, ma non è indicato nella ricetta originale.
Coprire con pellicola e lasciare fermentare, per un’ora, l’impasto raccolto a boule.
Con questo impasto (e con le dosi che ho dato io) potrete fare diverse cose: panini o pani a cassetta (nel senso di essere cotti nello stampo da plum cake)

1) I panini
Potreste farne di diverso peso e tipo, dedicherò un post apposito, per spiegare per bene come produrre dei panini di forme originali, piacevolissime, decorativi per un buffet.
Al momento descriverò quelli che ho fatto l’altro giorno, semplici panini a boule, messi poi a lievitare vicini, come si fa per il danubio. Mi spiace di non avere una foto (mangiati a razzo, ma cercherò in rete per mostrarveli).
E’ molto semplice: ho diviso l’impasto in pezzature di circa 40 grammi l’una, ho formato a boule e lasciato lievitare (su carta forno disposta su una teglia di alluminio, bucherellata)  fino a quasi raddoppio, ponendo i panini uno accanto all’altro a formare un fiore (in pratica li ho disposti a cerchio e nel centro ce ne ho messo un altro).

2) 2 pani a cassetta negli stampi da plumcake (i miei hanno le dimensioni massime di cm. 22,5 x 11)
Hamelman dà indicazioni per dei pani a cassetta con uvette e cannella (senza consigliarne i quantitativi) , ecco qua con le mie conversioni, in peso il peso degli impasti in relazione agli stampi:

stampo grande:
inch 9 cm  22,86 x inch 5 cm  12,70
oz 18  g 510,29

stampo piccolo:
inch 8 cm  20,32 x inch 4 cm  10,16
oz 14  g 396,89

Io avevo due stampi da plumcake di 22,5 x 11 cm e ho usato quelli ( felicemente).

Diviso l’impasto in due parti uguali ho impartito una forma approssimativamente rettangolare alla prima parte e l’ho piegato a tre (come una lettera commerciale), saldando bene i bordi, poi ho dato una rollatina leggera allungando il cilindro risultante.
Ottenuto un quasi cilindro di lunghezza opportuna, ho ripiegato le parti estreme, le ho chiuse al di sotto, e ho inserito l’impasto nello stampo, preventivamente imburrato. Lo stesso ho fatto per la seconda parte.
Ho lasciato lievitare fino quasi al raddoppio, coperto da pellicola.

Spennellare di burro fuso appena prima di infornare.
Cuocere a 200 gradi per 15-18 minuti (in questi stampi e con questi quantitativi), tende a dorarsi velocemente, stateci attenti. Io ho pure coperto con un foglio di alluminio, dopo una decina di minuti.
Appena fuori dal forno spennellare ancora con burro fuso.

Volendo, ecco qui qualche idea per farne dei panini  e anche qui

 

Impasto valutazione idratazione e sviluppo e piegature Hamelman in azione (video)

In questo filmato si vede come il fornaio valuti consistenza ed elasticità dell’impasto. Certo per noi che non abbiamo le impastatrici a spirale non è così tanto rilevante seguirlo nei suoi/loro tempi ma quanto a valutazioni di idratazione, seguendo aspetto e tatto, e di resistenza ed elasticità il video è utilissimo.
Nella fase finale, da 4:50 in poi, si vede in atto la tecnica di piegatura, essenziale per ottenere ottimi risultati in impasti molto idratati e difficili da lavorare. Una tecnica semplicissima che organizza il glutine in strati e, nel contempo, favorisce l’uniformazione della temperatura della massa, altrimenti molto diversa tra periferia e centro.

Video ottimo, secondo me, chiarificatore come tutti i filmati di questa serie.
Consiglio il suo completissimo libro, Bread: A Baker’s Book of Techniques and Recipes

Piccoli accorgimenti circa il lievito madre 1 temperature minime per i lieviti selvaggi

Il mio ultimo generato :-), la cui ricetta trovate qui, è nato come lievito liquido, con idratazione al 100%, idratazione mantenuta sempre in quella misura pesando farina e liquido in ogni rinfresco, salvo eccezioni volute.
L’ho fatto seguendo la ricetta di Eric Kayser, dal suo libro 100% Pain : La saga du pain enveloppée de 60 recettes croustillantes,  che ho poi integrata, nel successivo mantenimento, con qualche suggerimento ripreso dall’ottimo (mai abbastanza consigliato) libro di Peter Reinhart, Artisan Breads Every Day, e tenendo in mente le preziose considerazioni di tutta una serie di autori di monumentali libri cult sul pane circa le variazioni di sapore percorribili, circa il lievito madre, con accorgimenti di temperatura e idratazione dello stesso. E non solo questo, ma anche indicazioni di conservazione, tra cui quella attinente alla temperatura per mantenere in vita, e propagare quindi nella sua interezza, l’insieme dei microorganismi così pazientemente coltivati nella generazione del primo lievito naturale.
In realtà ho poi utilizzato questo lievito per diverse ricette, in primis per testarlo sulle ricette di un altro libro dello stesso autore, Le Larousse du pain, che vi raccomando, e nel quale la ricetta per preparare il lievito madre  è lievemente diversa, e, in secundis, l’ho trasformato in un lievito più sostenuto, al 50% di idratazione, per utilizzarlo nelle ricette del citato Reinhart, come questa, che ho realizzato felicemente nella versione purista :-), solo con lievito naturale, e con aggiunta di lievito di birra, in modesta quantità (la mia preferita).

Nella mia piccola, ma di giganti, bibliografia, a proposito di temperature minime di sopravvivenza di quella parte di microorganismi che entrano in gioco nella complessa lievitazione  (i lieviti selvaggi, wild yeast nella letteratura anglosassone) si indica una gamma di  8°- 10* C per la loro sopravvivenza,  studi dimostrano che quelle popolazioni muoiono se conservate al di sotto di quelle temperature (anche se tenuti in frigo per oltre 48 ore). Ho spesso avvisato – invano – di non surgelare i propri lieviti naturali e di misurare la temperatura dei vari ripiani dei frigoriferi (le temperature dei ripiani più alti sono meno basse di quelli inferiori) per evitare la perdita di questi lieviti.
Con scarso successo, devo dire, perché a temperature basse sopravvivono altri organismi, i batteri, anche aggiunti con yogurt e prodotti fermentati, come il cultured buttermilk, che fanno gonfiare comunque il lievito, nei rinfreschi, e il pane, ma senza l’apporto dei defunti, appunto, lieviti. Il che conferisce un gusto diverso e meno ricco alle preparazioni, ché non solo di bollicione si fanno lieviti e pane.

Eppure ci vuol poco, almeno, a misurare le temperature dei vari ripiani del frigo, e regolarsi di conseguenza.  Più duro rinunciare al freezer, certo, ne sono consapevole, se si vuole conservare tutto il prezioso patrimonio di piccoli organismi, che dovrebbe essere lo scopo di chi vuole utilizzare fruttuosamente il lievito madre.

Bibliografia:
LE GOUT DU PAIN. Comment le préserver, comment le retrouver

(io l’ho comprato in edizione digitale, visti i prezzi micidiali dell’edizione cartacea, e nell’edizione americana The Taste of Bread(vedere le note del traduttore perché le formule sono state modificate per via dell’idratazione maggiore, necessaria per le farine americane)

questo libro è citato da una pletora dei maggiori autori sull’argomento, per esempio da:

Julia Child, nel suo Mastering the Art of French Cooking Volumes 1 and 2 

dall’ottimo Hamelman, in Bread: A Baker’s Book of Techniques and Recipes, che cita anche altre studi convalidanti la questione temperature minime. E che istruisce i panettieri professionisti circa il modo di manipolare il gusto del lievito madre agendo su due fattori, che portano a sviluppare gusti diversi. Come indico qui.

da Peter Reinhart in molti (tutti?) i suoi testi