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Kefir d’acqua Seconda Fermentazione (anti spreco!)

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Frutta troppo matura?

Anche se la buccia non si presenta bene, niente di più appropriato che farla fermentare, come in questo caso due piccole pesche noci, qui con dello zenzero già utilizzato per una precedente bevanda, e del limone, nel liquido filtrato, privo di grani, della prima fermentazione.
Le pesche donano una sfumatura rosata bellissima, e un profumo incantevole.
Con il caldo di queste giornate, bastano poche ore di fermentazione per ottenere una bevanda deliziosa, da mettere in frigorifero, dopo esser stata filtrata. Cliccate sul video per vedere la carbonazione naturale, cioè il processo per cui si forma CO2 per l’azione dei lieviti sugli zuccheri fermentabili, in questo caso quelli della frutta.

Bollicine!

Per come mantenere e utilizzare i tibicos vedere qui, con aggiornamento importante qui, e per la seconda fermentazione vedere qui.

Si può anche aggiungere del succo di frutta, naturalmente; io preferisco i pezzi per evitare che, come nel caso del succo, si inneschi una notevole reazione, con sviluppo importante di CO2, non amo tanta effervescenza velocemente attinta (e sfiatare non è uno scherzo, anche se non pericoloso).
Come antispreco si possono utilizzare gli scarti dell’estrattore. Si beve l’ottimo succo, fresco, appena estratto, e si usano gli scarti qui, con ottimi risultati a seconda, ovviamente, del prodotto.

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Tibicos, o kefir d’acqua, aggiornamento Prima Fermentazione

Come da titolo, questo è un aggiornamento del primo post dedicato a questi organismi, che vivono in simbiosi e si nutrono di zuccheri (e quali).
Li ho conosciuti un po’ più da vicino grazie a Facebook, ma poi ho effettuato qualche ricerca, per la mia solita esigenza di fondarmi su una qualche bibliografia, a cui aggiungere, ovviamente, i giudizi e i pareri derivanti dalle esperienze altrui, scremati dalle varie vulgate che si trovano in rete.
Così, avendo dei tibicos un pochetto in sofferenza senza aver cambiato parametri di coltura – almeno alle mie risultanze domestiche, certo non di laboratorio biologico – ho voluto provare la diversa modalità di coltura descritta da Sandor Ellix Katz, di cui, se leggete in inglese, potreste trovare, come me, affascinante questo celebre e premiato  libro The Art of Fermentation: An In-Depth Exploration of Essential Concepts and Processes from Around the World,
Sono istruzioni diverse, diversissime anche da quelle del suo libro tradotto in italiano per i tipi del Gambero rosso, in cui addirittura usa il miele in prima fermentazione, soprattutto quanto alle proporzioni di grani e zucchero per litro di acqua (attenzione leggete l’altro post per tutto il resto, è importante) e, un dettaglio di non poco conto, circa l’indifferenza di questi organismi in simbiosi, alla presenza di aria/ossigeno.
Sono, questi due punti, soprattutto il secondo, nettamente in contrasto con quel che si legge in gruppi, anche molto utili da frequentare, su FB.

Le proporzioni di Katz sono (per litro d’acqua, quanto a soluzione zuccherina e grani):

1 tbs (= misura di capacità, già covertita in 15 ml sul testo citato) di grani
1/2 cup  (= misura di capacità, già covertita in 125 ml sul testo citato) di zucchero
e, punto molto pratico per casa, come ho scritto sopra e ho sperimentato per quattro o cinque cicli, si possono mettere a fermentare in vasi a chiusura anche ermetica.
Per i miscredenti ecco qua il passo di Katz nel libro citato.

Nei gruppi e sui siti a questi relativi le proporzioni, in genere, sono, sempre per litro d’acqua:
3 cucchiai di grani (che tra l’altro io vedo sempre ricolmi)
3 cucchiai di zucchero (bianco o di canna, integrale o meno

(a questo si aggiunga il limone, eventualmente frutta essiccata NON trattata con conservanti ecc (vedere altro post)

Bon, detto questo, io mi sono trovata bene (ovviamente ho trattato così solo una parte dei miei tibicos, per non rischiare) così facendo:

per ogni litro di acqua:

3 cucchiai colmi di tibicos in una soluzione zuccherina
di 125 ml (1/2 cup dei miei misurini, comodissima, e sono misurini per metric cup, come quelle dell’autore) di zucchero bianco semolato
spicchio di limone bio (completo di scorza)
1 fico secco bio.
Il tutto inserito in spazioso vaso di vetro con coperchio ermeticamente chiuso.

Tibicos, detto pure kefir d’acqua, e le bevande fermentate

tibicos, please to meet you :)
Eccoli, qua, vi presento il collettivo tibicos, questi grani translucidi  e gelatinosi sopra illustrati e  prometto che non vi starò a tediare sottoponendovi cose scopiazzate qua e là sul web, spesso discordanti tra loro, o traducendo  dotte pagine dai miei libri.
Ok, tirate il fiato, tutto sommato è andata bene, vero?
Forse avrete sentito parlare di cibi e bibite fermentati – intendo oltre ai crauti –  e dell’autore più noto di questa riscossa di lieviti e batteri, Sandor Ellix Katz, di cui, se leggete in inglese, potreste trovare, come me, affascinante questo celebre e premiato  libro The Art of Fermentation: An In-Depth Exploration of Essential Concepts and Processes from Around the World, oppure avrete letto, di questo insieme simbiotico, in qualche sito o gruppo su facebook.
Se invece non li conoscete questa è l’occasione per vedere cosa ci si possa fare e di come chi li conosce si sia riempita definitivamente casa di vasozzi e bottiglioni e altre diavolerie contenenti liquidi blobbeggianti, anche vivacemente effervescenti.
Dicevo che non vi tedierò sul cosa, per cui vi rimando a un sito molto chiaro, come questo  e a due gruppi FB molto ben amministrati, e sui quali potrete trovare dei donatori di questi ed altri grani, kefirmania e non solo  e kefirando (quest’ultimo espressione su FB della pagina web sopra menzionata).
Ecco qua   cosa ci si ottiene, e come.
Questi tibicos, ovvero grani di kefir d’acqua, vivono e si moltiplicano alimentandosi con lo zucchero, per il momento ci riferiamo al saccarosio (in tutte le sue forme: di barbabietola, di canna, integrale o meno).
Noi li alimenteremo con lo zucchero in soluzione acquosa, arricchita da un po’ di limone bio ed eventualmente da frutta essiccata NON trattata con conservanti  e vedrete che succederà in 24 ore.

1) Come procedere alla prima fermentazione: (ma vedere aggiornamento, nuovo post)

Per ogni litro d’acqua servono:

(Acqua: se usate quella del rubinetto decantantela per almeno 24 ore in un recipiente con imboccatura larga per fare in modo che il cloro si disperda)

acqua a decantarsi per bevande fermentate

Io uso queste dame da 5 litri, che riempio solo fino al livello che assicura un’ampia superficie di scambio con l’atmosfera, come vedete.

3 cucchiai di grani (anche abbastanza colmi)
3 cucchiai di zucchero (bianco, semolato o di canna, anche integrale (ma per i gusti che vi suggerisco in questa ricetta è meglio che usiate lo zucchero bianco)
uno spicchio (o fettina) di limone (bio), completi di buccia
uno o due datteri bio

Cosa vi serve di equipaggiamento complessivo:

Un contenitore di vetro ad imboccatura larga perfettamente pulito ed asciugato con un panno pulitissimo.
Un colino a maglia fitta in plastica o in acciaio inox per alimenti (buona qualità, mi raccomando)
Un cucchiaio in plastica o in acciaio inox
Un imbuto in plastica o in acciaio inox
Un piccolo telo, tovagliolino
Un elastico
Delle bustine di quelle per le tisane (dello stesso materiale dei filtri per caffè americano)
Vasi per la seconda fermentazione, sempre in vetro, con chiusura ermetica/Bottiglie o bottiglioni con tappi a chiusura ermetica
Tenete presente che i contenitori devono essere più capienti rispetto al liquido che conterranno.

Procedimento:

Sciogliete nell’acqua -a freddo – il quantitativo di zucchero nella proporzione sopra indicata, aggiungete la frutta essiccata (meglio di tutto i datteri) inseriti nella bustina da tisana (per evitare che loro parti si depositino sui grani) e lo spicchio o la fettina di limone, completa di buccia
Aggiungetevi i grani.
Coprite il contenitore con un tovagliolo e fissatelo con un elastico, per evitare qualsiasi contaminazione o ingresso di insetti.
Ponete il contenitore al riparo dei raggi diretti del sole e lasciate fermentare il tutto per 24 ore.
Noterete, dopo qualche tempo, qualche bollicina in superficie, segno dell’attività dei tibicos

2 Fermentazione

Filtrate il liquido ottenuto; se hanno ancora sapore, mangiate i datteri, i grani trattenuti dal setaccio serviranno per la successiva produzione, quindi abbiate già a disposizione dell’acqua decantanta e gli altri ingredienti  e procedete, con questi grani, come al punto 1.
Al liquido ottenuto, filtrato, potete aggiungere, all’inizio per prendere un po’ la mano, un altro spicchio di limone, magari della buona menta e altre erbe a vostro piacimento. Io trovo meraviglioso quel che risulta unendoci dell’altro limone, della menta, pezzi di foglia di lemongrass. Oppure altre erbe profumate, come la lippia citriodora, la melissa, quel che vi viene in mente.

tibicos seconda fermentazione dettagli

In altri post vi spiegherò come aggiungere frutta, intera o in forma di succhi di frutta, zenzero ed altro per ottenere ottimi succhi di frutta effervescenti e deliziosi.
Chiudete ermeticamente il contenitore e lasciate un’altra giornata a temperatura ambiente, sfiatandolo con attenzione ogni tanto (mi raccomando NON agitatelo altrimenti vi si formano troppi gas).

tibicos seconda fermentazione

Fatto questo, io vi consiglio di rimuovere la menta o altre erbe, travasate in bottiglie ermeticamente chiuse e mettete in frigo. Occhio al momento di aprirle, eh 🙂

 

Ginevrini, come quando eravamo piccoli

Ingredienti:

zucchero semolato 100 g (ma proverò a passarlo al Bimby, per ottenere una texture simile a quella dello zucchero a velo)
2 cucchiai di acqua
olii essenziali (menta, agrumi)
coloranti alimentari q.b. (poche gocce)

(servirebbe un termometro da zucchero ma, vista la scarsità del composto, è più indicato un termometro a sonda, a misurazione istantanea)

Riunite lo zucchero e poi l’acqua in un pentolino inaderente, e riscaldate a fiamma media.
Quando la soluzione zuccherina inizia a bollire tenete d’occhio il processo e misurate la temperatura.  Un po’ prima che raggiunga i 115 gradi, ovvero a piccola palla – petit boulé  (che è la temperatura -obiettivo, gestite voi con prudenza, di modo da non oltrepassarla) rimuovete il pentolino dal fuoco e aggiungete qualche goccia di olio essenziale e qualche goccia di colorante alimentare, fino all’intensità desiderata, mescolando senza trattenervi troppo.
(Per saperne di più sulla cottura dello zucchero guardate qui)
Dovrete essere veloci, poi, nella fase seguente, per evitare che lo zucchero si solidifichi:  con un cucchiaino da caffè (io ho usato il misurino, 1/4 di tsp)  distribuite il composto in gocce regolari su un foglio di carta da forno. Le gocce si espanderanno, assumendo la forma di dischetto che conosciamo.
Fate asciugare  per bene i ginevrini e rimuoveteli quando si staccheranno agevolmente dalla carta da forno.
Fateli seccare molto bene e riponeteli in vasetti di vetro.

Vi chiedete, forse, perché mai non abbia colorato quelli che vedete, candidi, nella foto a inizio post. E non li ho nemmeno aromatizzati con olii essenziali.
E qui sta il punto- sorpresa!

Ho preparato questi ginevrini unicamente per metterli sotto alcool aromatizzato, al posto delle più granulose, e spesse, zollette di zucchero, sono una meraviglia i ginevrini sott’alcool, provateli, non occorre nemmeno aspettare chissà quanto, una decina di minuti dopo averli staccati dalla carta forno potreste già metterli sotto alcool.
E qui i casi (dell’alcool) sono due: o vi siete preparati in anticipo dell’alcool aromatizzato (come quello della prima fase del limoncello ma anche con altri agrumi e/o erbe – gli agrumi sono il top, ovviamente mi riferisco alle scorze, prive di albedo, messe a macerare in alcool a 96 gradi, vedi i vari rosolii nel mio blog, per esempio quello di limoni), o avete delle scorze di agrumi non trattati e li ponete, con i ginevrini, nell’alcool, come nel caso di queste zollette di zucchero in alcool aromatizzato. Vi consiglio caldamente il mix scorze di arancia e grani di caffé (pochi), o il classico limone. Oppure un mix agrumi ed erbe aromatiche e quel che avete sottomano come spezie preferite, anice stellato, cannella, chiodi di garofano, oppure anche liquerizia, per un gusto inedito.
Ho appreso da amiche siciliane che è ottimo servire il caffé con scorzette di limone: ecco, provate a correggere il caffè con un ginevrino in alcool al limone, poi mi direte se vi piace.

PS se lo zucchero solidificasse e non aveste ancora finito di formare i ginevrini non c’è nessun problema, aggiungete pochissima acqua e riportatelo a temperatura.

Lemon Whisky a base di succo e scorza di limoni


Vi chiederete se per caso sia ammattita (anche per l’orrenda foto, che sostituirò appena possibile, scusate) .
Ve lo confesso, me lo chiedevo pure io mentre sacrificavo quasi una intera bottiglia di Glen Grant, e non vi dico quando l’ho assaggiato prima che maturasse, come di dovere.
Ma ero confortata dalla fiducia in una autrice che ho sempre stimato moltissimo e che nel suo bel libro Jams, Preserves & Edible Gifts scrive ricette una più bella dell’altra, delle quali tantissime ho realizzato con grande soddisfazione, mia e di altre amiche, che ne hanno riprese alcune sui loro blog o riportate nei forum.
La ricetta proviene dai celebri Erddig Archives, per mano di Mrs Harvey.
La potreste fare anche con Brandy, e in questo caso potreste utilizzare il liquore aromatizzato per profumare creme, pudding, torte (cakes) e salse. E’ l’ingrediente segreto (nella versione Brandy) per il Blackwell pudding originale ed era molto diffuso nei secoli diciottesimo e diciannovesimo.

Vi serviranno:

3 grossi limoni NON trattati
600 ml di whisky
125 g di zucchero semolato

Spazzolate con cura i limoni sotto acqua fredda corrente, asciugateli e prelevatene la sola scorza colorata (flavedo), evitando o eventualmente rimuovendo la parte bianca (albedo).
Inserite le scorze nel vaso – pulitissimo e sterilizzato e asciutto – che dovrà contenere il tutto (ricordatevi, stimando nella capienza, che ci dovrete aggiungere non solo il whisky ma anche il succo).
Spremetene il succo e filtratelo aggiungendolo alle scorze.
Aggiungete lo zucchero e il liquore e chiudete agitando per bene per favorire la soluzione dello zucchero.

Non resta che riporre il vaso di macerazione, che scuoterete di quando in quando,  in luogo fresco e buio.

Trascorse una o due settimane, durante le quali lo zucchero si sarà sciolto, filtrate il tutto e imbottigliate nelle bottiglie di servizio (perfettamente pulite, sterilizzate e asciutte)

L’autrice sostiene che sarebbe pronto al consumo ma nella versione  whisky – limoni secondo me è davvero molto molto più opportuno pazientare un bel po’.
Assaggiate, magari, dopo un paio di mesi.